Quando ricordiamo Roberto Antiochia è impossibile non realizzare una forte associazione di idee con il suo “capo” Ninni Cassarà, con il quale è stato ucciso in un agguato il 6 agosto del 1985 e che nel caso di questi valorosi uomini non è stata una tragica fatalità, ma il frutto di una importante scelta professionale: combattere il malaffare mafioso pur nella consapevolezza del rischio, altissimo, a cui la stessa loro vita era sottoposta.
Uno dei fratelli di Roberto, Alessandro Antiochia, è un volontario della grande rete di Libera e ci ha regalato in questi anni ricordi, parole, azioni che hanno reso viva tra noi la memoria di suo fratello, ma anche della loro madre Saveria.
“…quei proiettili il 6 agosto hanno ucciso e fermato i loro corpi, non le idee e la reazione civile di chi combatte l’essere violento che tutto sfrutta e tutto mette in atto per il potere ed il denaro. Nostra madre Saveria ha raccolto le idee e da allora non ha mai smesso di combattere, di trasmettere la memoria, finché ha potuto, fino a diventare una delle fondatrici di Libera. La sua testimonianza forte e dolorosa è stata trasmessa in ogni luogo dove poteva arrivare ed il nome ed il gesto di Roberto hanno accompagnato il suo sorriso nelle scuole, nelle piazze ed in tutti i luoghi dove lei poteva arrivare.”
Di recente Alessandro ci ha scritto: ”La vita di noi familiari (di vittime innocenti delle mafie) è e deve diventare un valore aggiunto da spargere a pioggia sulla gente. Chi ascolta avrà bisogno di approfondire, di essere guidato ed è lì che dobbiamo farci trovare pronti. Dobbiamo crescere, nostro obiettivo è quello di portare avanti la memoria che è e che sarà il nostro impegno per un esempio di forza, di reazione, di chi non cede al gioco che il denaro crea, illusioni, fatue nullità, falsità. Mai abbattersi perché quello che comunichiamo lascia un segno indelebile e prima o poi torna e crea un modo diverso di vivere nella verità, nei valori che sono il nostro vivere. Forza, non ci possiamo fermare, abbiamo molto da fare perché i nostri cari non siano morti invano.”
Di Roberto e di Ninni potremmo oggi scrivere tanto altro. Potremmo raccontare del lavoro che stava svolgendo Cassarà in quegli anni in cui il loro impegno professionale contro la mafia era molto intenso e coinvolgeva tutti gli aspetti della loro vita, ma le parole di Alessandro Antiochia ci sono sembrate le più adatte a conservare di questi uomini un ricordo vitale che ci permettesse di preservare la memoria delle loro vite oltre questo anniversario, di portarle nel nostro quotidiano.
In quegli anni Cosa Nostra uccideva chiunque tentasse di fermare l’avanzare del suo potere. Il 29 luglio del 1983 era stato ucciso il giudice Rocco Chinnici con il quale Cassarà aveva collaborato condividendone appieno le novità organizzative che avevano portato alla creazione del pool antimafia di cui faceva parte Giovanni Falcone. Le grandi capacità investigative e la lungimiranza di sguardo avevano portato Cassarà, in raccordo con Falcone, a guardare al percorso di potere di Cosa Nostra oltre lo Stretto per raggiungere gli Stati Uniti. Il 28 luglio del 1985, solo nove giorni prima di quel 6 agosto, era stato ucciso Beppe Montana, commissario della squadra mobile di Palermo, il quale dopo l’uccisione di Chinnici aveva dichiarato: « A Palermo siamo poco più d’una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili, purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà. »
Roberto Antiochia dopo la morte di Beppe Montana, con il quale aveva lavorato in Sicilia proprio in operazioni contro Cosa Nostra, capisce che Ninni Cassarà era in gravissimo pericolo e utilizzando dei giorni di ferie lo raggiunge in Sicilia. In quel tragico 6 agosto, Roberto tenterà di farà da scudo a Ninni e morirà sul colpo, mentre Ninni, ferito gravemente, riuscirà a raggiungere le scale della sua abitazione dove morirà tra le braccia della moglie Laura.
Sappiamo che lo strascico di violenza proseguirà fino agli anni delle stragi, il 1992, e oltre. Le vittime innocenti di tutte le mafie, che ricordiamo ogni 21 marzo, il primo giorno di primavera, sono oltre 900 e il primo nome di questo lungo elenco è Emanuele Notarbartolo, ucciso nel 1893. Solo il contatto continuo con il senso profondo di umanità e solidarietà ci impedisce di non cedere al dolore e allo scoraggiamento. Ecco che le parole di Alessandro, fratello di Roberto e figlio di Saveria, ci aiutano a rafforzare la speranza, a nutrire l’impegno dei tanti volontari che nella rete di Libera svolgono azioni quotidiane contro il malaffare, la corruzione, l’indifferenza.
“Parole contro proiettili, parole contro bombe. Parole sempre accompagnate da pratiche di libertà e di giustizia, che non ci facciano perdere la forza ma ci diano fiducia. Parole e forza nell’abbraccio di chi ha perso una parte di sé ma non si arrende. Parole e fiducia di poter cambiare le tante ingiustizie intorno a noi per la costruzione di un mondo migliore.”