Il 3 settembre del 1982 si consumò a Palermo in via Carini la strage mafiosa in cui furono uccisi il prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.
Oggi vogliamo ricordare quel terribile giorno sentendo profondamente la grave perdita che tutti noi abbiamo subito a causa della violenza mafiosa, in termini umani e professionali.
Lo facciamo riproponendo stralci della preziosa riflessione che Simona Dalla Chiesa, la figlia più piccola del generale Carlo Alberto, ha rilasciato a Narcomafie lo scorso anno.
“È trascorso un altro anno. Un anno in cui i ricordi privati, le immagini familiari, i pensieri più intimi hanno dovuto confrontarsi con la tragica attualità di un passato che non riesce ad essere “passato”. Allora capisco che non è ancora arrivato il momento di riappropriarmi della dimensione esclusivamente affettiva di mio padre, perché i suoi valori, il suo impegno, la sua dedizione allo Stato,oggi più che mai, restano un modello di vita da raccontare ai più giovani. Perché sappiano che concetti come senso dello Stato, correttezza nell’agire quotidiano, fedeltà alle istituzioni, sono concetti “vivi” e attuali, su cui è possibile costruire una coscienza civile davvero moderna e proiettata nel futuro. E ripenso alle parole di papà, nel suo primo discorso pubblico palermitano: certe cose si fanno non per coraggio ma per guardare negli occhi i propri figli e i propri nipoti. Ecco, da quel terribile 3 settembre, è toccato a noi restituirgli, per come potevamo, quel pensiero d’amore e traendo forza dalle sue parole, continuare ad impegnarci nella sua memoria, per potere essere degni dei suoi insegnamenti e perché nessuno debba pensare che in fondo “non ne valeva la pena”».