È inevitabile ripensare ogni anno puntualmente a quell’ultima settimana vissuta insieme a papà.
Quest’anno inoltre il 29 luglio ricade di venerdì, come allora…
Sarebbe stato l’ultimo giorno di servizio prima delle vacanze.
Valigie pronte, i fratellini che scalpitano, gioia incontenibile…
A quel tempo io avevo 16 anni, Fabio 14, Massimiliano 12, Viviana 6 e Dario 20 mesi… una bella eredità per la mia mamma…
Quanti perché …e quanti se…lungo tutti questi anni.
…oggi sento nel cuore una cosa tutta mia… personale… senza voler scadere nella retorica…
Sono grata a mio padre per il suo amore, per la sua generosità, per la sua coerenza,
grata per le sua gioia di vivere, grata per tutto ciò che mi ha insegnato in così poco tempo,
grata per il suo sì alla vita
grata per il suo “Eccomi sono pronto”
grata per avermi insegnato il “perdono”…
ho imparato che non è tanto qualcosa che si dà ma che si riceve…
Sono andata avanti compiendo passi che non erano i miei passi, spesso ho inciampato nel mio cammino, ma con Dio al mio fianco mi sono rialzata, quel Dio che è stato mio padre a farmi conoscere…
perché papà il suo primo impegno lo aveva preso con Dio.
Dire che non avesse paura sarebbe come appropriarmi di qualcosa che non conosco…
questo non lo so e non l’ho mai capito…per lo meno lui non lo ha mai mostrato…
Il suo volto era sempre ironico e rassicurante, fiero e deciso …il volto di chi ha fatto una scelta…
di chi ha abbracciato una vocazione.
Ho raccolto negli anni tasselli di un mosaico che porto nel mio cuore… credeva fortemente nella Provvidenza…ma non era un semplicione…ha avuto ragione di crederci…
Questa vita va combattuta, vissuta e amata con la pace nel cuore…
Non vorrei dare l’impressione che non abbia sofferto e che la privazione così violenta di mio padre non mi abbia segnata duramente, come ha segnato i miei fratelli e la mia mamma…
sarei falsa se non ammettessi che ancora oggi come allora, ripensando a quella bara, mi prende un nodo in gola e le lacrime scendono a fiumi …
ho solo cercato di affidarmi e fidarmi…senza accanirmi nella ricerca del senso…
senza ricurvarmi su me stessa, avvelenando nel dolore ogni cellula del mio corpo…
mia figlia Chiara mi prendeva il viso fra le mani dicendo…mamma sorridi…e con i miei figli ho recuperato la bellezza della vita… quella bellezza che non può tramontare mai e che papà mi aveva trasmesso…
E domani quando sorgerà il sole mi sembrerà di vedere ancora papà che, puntuale come ogni mattina, esce di casa per andare dal suo amico Rocco…certa che lo rivedrò.
Se le mie parole possono apparire quelle di chi ha voluto trovare un equilibrio di pace per meglio sopravvivere a un dolore straziante, siamo fuori strada…
sono fortemente convinta che ognuno di noi può fare e deve fare qualcosa …
lo diceva Don Pino Pugliesi… i primi passi sono certamente la memoria, ma a questa deve seguire una presa di coscienza e chissà anche il “decidersi” a mettere i nostri piedi sulle loro orme renderà il nostro cammino più lieve.
Filomena Bartolotta
Filomena, figlia di Salvatore Bartolotta, ci ha donato il suo ricordo del padre ucciso il 29 luglio 1983 mentre scortava il giudice Rocco Chinnici. Insieme a loro furono uccisi anche il maresciallo Mario Trapassi e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. Unico sopravvissuto l’autista Giovanni Paparcuri.
Quel giorno una Fiat 126, parcheggiata davanti al palazzo in cui viveva il giudice Chinnici e imbottita con 75 kg di esplosivo, fu fatta saltare in aria per ordine di Cosa Nostra.