Abbiamo intervistato Susy Cimminiello, sorella di Gianluca Cimminiello, un ragazzo di 31 anni di Secondigliano assassinato davanti al suo studio nel febbraio del 2010. Dalla morte del fratello Susy si impegna per smuovere le coscienze affinché vicende del genere non si ripetano più.
Come hai conosciuto Libera?
Libera è quella voce che mi ha telefonato un giorno per dirmi che avevano deciso di intitolare un presidio a Gianluca Cimminiello e Petru Birlandeanu, pensavo io: come mai vittime sconosciute? Mi hanno risposto che Libera è nata proprio per questo, per dare voce a chi non ha avuto voce, che Don Luigi ha accolto il pianto di una mamma che soffriva per la perdita di suo figlio, ma ancor di più perché a quel figlio, quel nome, che lei aveva scelto con amore, era stato sostituito da uno squallido “uomo della scorta”.
Come è cambiata la tua vita da quel momento?
Quando penso a Libera penso a quella mano tesa che ha restituito un nome a mio fratello. Da “tatuatore ucciso” è diventato di nuovo Gianluca Cimminiello.
Libera mi ha presa per mano e portata la prima volta a Potenza, poi a Genova, Firenze, Latina, Bologna. Mi ha fatto sentire il calore forte dell’abbraccio dei tanti familiari in tutta Italia che piangevano lo stesso mio dolore.
Mi ha aiutata a togliere dal mio cuore l’odio e mi ha mostrato che potevo fare qualcosa, che la mia rabbia era fondamentale, ma per costruire insieme.
Quando nei momenti difficili ho manifestato la volontà di fermarmi non mi ha detto continua, mi ha detto, ci siamo noi, lo facciamo noi.
Cos’è per te Libera?
Per comprendere cos’è Libera mi immagino se Libera non esistesse. Cosa sarei io, cosa sarebbe Gianluca. La spiegazione la custodisco nel mio cuore, ne faccio tesoro e ne traggo forza per lottare e costruire, anche per chi non lo fa. Chi infanga Libera infanga Gianluca, Attilio, Alberto, Marcello, Giancarlo, Silvia, Simonetta, Annalisa, Gelsomina, Paolino, Mimmo, Antonio, Fabio, Michele, Mena, Paolo, Luigi, Gigi, Rita, e altre centinaia di vittime innocenti delle mafie, del silenzio e della solitudine. Ed infanga l’impegno di tanti familiari che in Libera hanno trovato la forza per trasformare il proprio dolore in speranza.
Di opinioni ne è pieno il mondo, comprese quelle sulle vittime innocenti uccise da proiettili prima e da sospetti dopo. Ma quelle non costruiscono, tentano di distruggere.
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Chi era Gianluca Cimminiello
Il giorno 2 febbraio 2010 viene freddato nel suo studio “Zendark tattoo”, sulla Circumvallazione esterna, nel tratto di Casavatore, Gianluca Cimminiello di 31 anni, titolare di un centro di tatuaggi.
A distanza di un mese dalla sua morte si è compreso il movente dell’omicidio:
Gianluca è stato ammazzato per aver pubblicato sul suo profilo di Facebook un fotomontaggio che lo ritraeva con Lavezzi. Questa foto, secondo quanto accertato dai pm Stefania Castaldi e Gloria Sanseverino della Dda, indispettì Vincenzo Donniacuo, tatuatore di Melito, che chiese al clan di riferimento della zona di punire lo sgarro.
Dopo la pubblicazione della foto, Gianluca ebbe decine di e-mail da parte dei clienti e nell’ultimo messaggio inviatogli da Donniacuo, questi scrisse che Lavezzi lo doveva tatuare lui e nessun altro e poi chiuse con un «sabato passo nel tuo negozio». Quel sabato invece si presentarono tre persone. La discussione degenerò. In due aggredirono Gianluca che non solo evitò il pestaggio, ma fece scappare i suoi aggressori, tra i quali Noviello.
Tre giorni dopo, secondo l’accusa, Vincenzo Russo, si presenta davanti al negozio di Gianluca chiamandolo per nome. Cimminiello arriva sulla soglia del locale e viene colpito mortalmente prima alla spalla e poi al torace. Il killer spara ancora due volte. Per essere sicuro di aver ucciso.