Pio La Torre è uomo che ha avuto il coraggio di sposare la sua terra controvento, senza compromessi. Rifiutandosi in ogni modo e in ogni circostanza di voltarsi dall’altra parte. Perché un politico con lo sguardo lungo è quello che non si fa guidare da ciò che più conviene a sé, al partito, al consenso, ma alla gente, ai cittadini tutti. Per questo Pio La Torre non solo non esitò a denunciare la mafiosità che lo circondava, ma intelligentemente si oppose anche all’installazione dei missili a Comiso, segno di un’altra mafia internazionalmente legittimata e “benedetta”. Lo sguardo lungo e profondo di Pio La Torre intuì per primo che il carcere non bastava e che bisognava colpire le mafie nel cuore dei loro interessi, nel portafogli, nella “roba”, come diceva verganamente. E non solo non si lasciò mai distrarre dalla carriera politica, dagli incarichi di partito e dagli scranni di Montecitorio, piuttosto li utilizzò per portare a Roma il senso della presenza mafiosa che non riguardava più soltanto la Sicilia. Lui quella terra l’aveva veramente sposata. È questo il senso dell’inizio del discorso di Enrico Berlinguer al suo funerale, dopo che il 30 aprile 1982 la mafia siciliana o quella mafia internazionale o tutte e due in convergenza di interessi, pretesero di farlo tacere per sempre. Berlinguer iniziò così, un riferimento tutt’altro che banale: “Pio La Torre è stato ucciso a poche centinaia di metri da dove era nato”.
Tonio Dell’Olio
Da Mosaico dei giorni
http://www.mosaicodipace.it/mosaico/i/3053.html
Pio La Torre e Rosario Di Salvo
Sin da giovane Pio La Torre si impegnò nella lotta a favore dei braccianti, prima nella Confederterra poi nella Cgil (come segretario regionale della Sicilia) e, infine, aderendo al Partito comunista italiano. Messosi in luce per le sue doti politiche, Enrico Berlinguer lo fece entrare nella Segreteria nazionale di Botteghe Oscure. Nel 1972 venne eletto deputato. È l’ispiratore materiale della legge che ha introdotto il reato di associazione mafiosa (Legge Rognoni-La Torre) e della relativa norma che prevede la confisca (il riutilizzo sociale dei beni ai mafiosi fu poi introdotto, grazie alla campagna dell’associazione Libera, che raccolse un milione di firme, con la legge 109/96). Nel 1981 decise di tornare in Sicilia per assumere la carica di segretario regionale del partito. Svolse la sua maggiore battaglia contro la costruzione della base missilistica NATO a Comiso che, secondo La Torre, rappresentava una minaccia per la pace nel Mar Mediterraneo e per la stessa Sicilia. Per questo raccolse un milione di firme in calce a una petizione al Governo. Alle 9.20 del 30 aprile 1982, con una Fiat 132 guidata da Rosario Di Salvo, Pio La Torre stava raggiungendo la sede del partito. Quando la macchina si trovò in una strada stretta, una moto di grossa cilindrata obbligò Di Salvo, che guidava, a uno stop, immediatamente seguito da raffiche di proiettili. Da un’auto scesero altri killer a completare il duplice omicidio. Pio La Torre morì all’istante, mentre Di Salvo ebbe il tempo di estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere.
Rosario Di Salvo, dopo un lento processo di maturazione politica che l’aveva portato a vivere pienamente la lunga stagione delle battaglie politiche e sindacali, era entrato a far parte dell’apparato tecnico del partito. Si era impegnato a tempo pieno nei frequenti viaggi con i compagni del Comitato regionale. In uno di questi viaggi conobbe Pio La Torre. Rosario Di Salvo era al suo posto come sempre, al fianco di Pio il 30 aprile 1982.