“L’impegno di Renata Fonte contribuì a diffondere e rafforzare una diffusa coscienza ecologica e impedì la realizzazione di insediamenti edilizi devastanti”. Sono queste le parole riportate nella mozione firmata da 19 consiglieri del Comune di Nardò, in provincia di Lecce, a rafforzare la scelta di intitolare il 3 gennaio 2017 l’aula consigliare del Comune a Renata Fonte.
E’ proprio in quell’aula che Renata trascorse gli ultimi minuti della sua vita, quando a soli 33 anni venne assassinata a pochi passi dal portone di casa, la notte fra il 31 marzo e il primo aprile 1984. Renata rientrava a casa dopo la seduta di un Consiglio comunale, mancavano pochi minuti alla mezzanotte. È il primo omicidio di mafia nel Salento e, per giunta, perpetrato contro una donna.
Una vita la sua piena di impegno e di passione civile, spinta dall’amore per la sua terra e per la sua famiglia.
Renata Fonte nacque a Nardò il 10 marzo 1951. A diciassette anni incontrò Attilio Matrangola, sottufficiale dell’Aeronautica Militare di stanza a Otranto, che diventerà suo marito nell’agosto 1968 a con il quale ebbe due figlie: Sabrina e Viviana. Insegnò alle Scuole Elementari di Nardò, studiò Lingue e Letterature straniere all’Ateneo leccese. Forte degli insegnamenti di Pantaleo Inguscì, suo zio, cominciò a impegnarsi attivamente nella vita politica militando nel Partito Repubblicano Italiano, fino a diventarne Segretario cittadino. Partecipò alle battaglie civili e sociali di quegli anni dirigendo anche il Comitato per la Tutela di Porto Selvaggio, contro le paventate lottizzazioni cementizie. Decise di candidarsi alle elezioni amministrative nelle quali risultò eletta. Dall’Assessorato alle Finanze in seguito passò a quello alla Pubblica Istruzione, Cultura, Sport e Spettacolo. Sono anni di intensissime e sofferte battaglie in una Nardò travolta dalla violenza della lotta politica. In questo periodo Renata Fonte iniziò a scoprire illeciti ambientali e si oppose con tutte le sue forze alla speculazione edilizia di Porto Selvaggio. Renata Fonte combatté spesso sola e contro tutti.
Per questi motivi, la scelta di intitolare un luogo così carico di significati per la vita di una comunità a Renata Fonte, è un gesto che lascia un segno importante.
“Mia madre non è stata uccisa solo quel 31 marzo 1984, ma tutte le volte in cui in questi anni le è stato negato il ricordo. Mentre ovunque si è fatto e si continua a fare il suo nome con orgoglio, a Nardò Renata Fonte è stata isolata e dimenticata, perché ricordare significa forse riscoprire connivenze e ammettere che lei diceva ‘no’ a cose cui altri dicevano “sì”. Quella vita spezzata e quella voce oggi tornano a vivere” queste le parole pronunciate con voce commossa da Viviana, figlia di Renata, che ha preso parte alla seduta in cui è stata approvata la scelta dell’intitolazione.
Una vita che continua a raccontare e che ancora oggi ha tanto da insegnarci. La storia di una donna che ha lottato per difendere la sua terra e che appartiene alla memoria collettiva di tutti.