Lea Garofalo era nata a Petilia Policastro nel 1974. Nel 2002 fu sottoposta a protezione perché aveva deciso di diventare una testimone di giustizia, raccontando delle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno, Carlo Cosco. Basandosi sulle rivelazioni di Lea Garofalo, il 7 maggio 1996 le forze dell’ordine effettuarono un blitz in via Montello a Milano, arrestando anche Floriano Garofalo, fratello di Lea, boss di Petilia che fu poi assassinato in un agguato nella frazione Pagliarelle di Petilia Policastro, l’8 giugno 2005.
Dopo alterne vicende legate al programma di protezione, nell’aprile del 2009 Lea decise di rinunciare a ogni tutela e di tornare a Petilia Policastro, per poi trasferirsi di nuovo a Campobasso in una casa che le aveva trovato proprio l’ex compagno Carlo Cosco.
Il 5 maggio del 2009 la donna riuscì a sfuggire a un agguato. Nel mese di novembre si sarebbe dovuta recare a Firenze per depositare la sua testimonianza in un processo. In quella occasione avrebbe potuto svelare situazioni nelle quali il suo ex compagno era direttamente coinvolto.
Proprio nel mese di novembre del 2009 Cosco decise di portare a compimento il suo piano. Così attirò l’ex compagna in via Montello con la scusa di parlare del futuro della loro figlia Denise. La donna fu rapita e consegnata a Vito e Giuseppe Cosco, i quali la torturarono per ore per farla parlare e poi la uccisero.
Il 30 marzo 2012 il processo si è concluso con la condanna di tutti i sei imputati e il riconoscimento delle accuse di sequestro di persona, omicidio e distruzione di cadavere, ma non l’aggravante mafiosa.
Il 28 maggio 2013 la Corte d’assise d’appello di Milano ha confermato 4 dei 6 ergastoli inflitti in primo grado: per Carlo e Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino. 25 anni di reclusione per Carmine Venturino e assoluzione per non aver commesso il fatto per Giuseppe Cosco.