Una strage simbolo, che doveva servire a punire uno sgarro e a ripristinare il potere di Cosa nostra su una città che aveva accolto con grande soddisfazione la massiccia ondata di arresti seguita alle rivelazioni di Tommaso Buscetta.
La notte del 18 ottobre 1984 a Cortile Macello, nel quartiere Ballarò di Palermo, un commando fece irruzione in una stalla massacrando i fratelli Cosimo e Francesco Quattrocchi, il loro cugino, Cosimo Quattrocchi, e il cognato, Marcello Angelini. Salvatore Schimmenti, Giovanni Catalanotti, Antonio Federico e Paolo Canale si trovavano casualmente in compagnia delle vittime designate e furono uccisi per non lasciare testimoni.
A far scattare la mattanza sarebbe stata la decisione dei fratelli Quattrocchi, commercianti di carne equina, di acquistare direttamente sul mercato pugliese diciotto puledri destinati alla macellazione e rifiutare la solita intermediazione dei catanesi. Uno sgarro che secondo i canoni classici della mafia andava punito immediatamente.