Lia Pipitone | Artista

When:
September 23, 2016 all-day
2016-09-23T00:00:00+02:00
2016-09-24T00:00:00+02:00
Cost:
Free

Era il 23 settembre del 1983 quando Lia Pipitone trovò la morte in un negozio di sanitari: cinque colpi di pistola esplosi dai rapinatori poco prima di fuggire e la vita di una ragazza spezzata per sempre. All’inizio si pensò a una rapina finita male. Perché la mafia uccide pure così, per caso. Questa giovane madre di 24 anni lasciò, morendo, un bimbo che di anni ne aveva appena 4, Alessio. Il tempo ha fatto venire fuori la verità. E la verità, se possibile, era ancora più tragica. Lia era la figlia di Antonino Pipitone, boss mafioso del rione dell’Acquasanta a Palermo. Ma al contrario di suo padre, Lia era una ragazza libera, un’artista, una ribelle. E fu proprio questa sua indole a costarle la vita. Per volontà del suo stesso padre. Perché quella rapina fu solo il pretesto per assassinare Lia. Una ipotesi oggi avvalorata, oltre che da un libro scritto a quattro mani dal figlio Alessio (ormai trentenne) e dal giornalista Salvo Palazzolo, anche dalle dichiarazioni di alcuni pentiti (tra questi Calogero Ganci, Francesco Onorato, il boss di San Giuseppe Jato, Giovanni Brusca e Antonino Giuffrè, ex uomo di fiducia di Bernardo Provenzano), secondo i quali fu proprio Antonino Pipitone a decretare la morte di sua figlia. Probabilmente, tra le ragioni della decisione di Nino Pipitone di eliminare sua figlia, anche il disonore per la relazione che la giovane donna da un po’ di tempo intratteneva con un cugino di secondo grado, Simone Di Trapani, morto suicida il giorno dopo l’omicidio di Lia.